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Parvin Afsar tra esperienza e biculturalismo

7 Maggio 2021
- Di
Redazione
Tempo di lettura: 5 minuti

PARVIN AFSAR IMPRENDITRICE – Chi è Parvin Afsar? Parvin è un’abile imprenditrice, con alle spalle un’esperienza fin da giovanissima alla conduzione dell’azienda di famiglia dopo una laurea in ingegneria industriale. Ma non solo: è una donna determinata e appassionata. Oltre che sul posto di lavoro, ha infatti dimostrato di saper tenere il controllo anche di una Ducati, sua forte passione. E tutto ciò, sulle basi di una ricchezza culturale che la caratterizza fin dalla nascita, essendo figlia di padre persiano e madre italiana, che le ha permesso di sviluppare uno sguardo attento e aperto sul mondo.

Entusiasmo, costanza e una buona dose di tenacia. Sono questi gli elementi che dichiara essenziali nella sua carriera. Parvin si racconta in un’intervista che mette in luce la sua voglia di trasmettere le esperienze che l’hanno arricchita sul piano culturale e professionale.

Le esperienze all’estero e i viaggi che hai fatto da più giovane ti hanno sicuramente arricchito molto – hai potuto applicare questo arricchimento in ambito lavorativo?

Mio padre ha origini persiane, quindi sono stata da sempre abituata al biculturalismo. La mia stessa famiglia mi ha insegnato il valore di viaggiare e conoscere. Ho cominciato a 12 anni con un viaggio intrapreso da sola e da allora non ho mai smesso. Ho sempre ritenuto fondamentale uscire dalla propria comfort zone e acquisire intraprendenza. Questa cosa mi è tornata molto utile per il mio lavoro nel business, dove ogni attività di successo si basa sulla relazione.
È importante avere questa capacità empatica di relazionarti con persone interne ed esterne all’organizzazione. Anche perchè, al giorno d’oggi, se avvii un’azienda non puoi pensare di avere un mercato esclusivamente locale.

Quali obiettivi lavorativi hai per il futuro, avendo già ricoperto un ruolo così alto? E quali sono le prime cose che hai imparato una volta entrata nell’azienda di famiglia?

Sapere di non sapere. Le conoscenze universitarie sicuramente sono utilissime, ma l’umiltà e la consapevolezza di non sapere stimola curiosità, l’apprendimento e permette di intraprendere un percorso di crescita.
Quanto al futuro, non ci si può mai considerare arrivati. Si può fare sempre meglio, e creare maggiore benessere per la propria vita. Trovare un equilibrio è importante per condurre la nostra attività al meglio. Attualmente ho campito quanto sia necessario avere questo equilibrio e sono in una fase della mia vita in cui ho ripensato il mio ruolo per avere più tempo da dedicare alla famiglia e al mio benessere personale.

Quali sono gli insegnamenti che ti ha trasmesso tuo padre in ambito professionale?

Mio padre è un tecnico, ed è un uomo d’onore. Da lui ho imparato che è importante fermarsi a riflettere e studiare qualcosa da più punti di vista, anche tecnici, prima di agire. Poi l’onestà: ci sono tante occasioni per fare business in modo poco onesto, ma non saranno mai durature nel tempo, né consentiranno un miglioramento personale. Questo aiuta anche a tenersi al riparo da persone disoneste nel mondo del business.

E da tua madre, invece?

Mia madre è figlia di una Lombardia lavoratrice: poche emozioni e tante regole. Da lei ho imparato che la disciplina è necessaria nel raggiungimento dei propri obiettivi: i sogni e gli ideali che vorremmo raggiungere vengono prima di tutto ma poi ci vogliono anche la praticità e il sapersi mettere in gioco costantemente per raggiungere la propria meta!

Ci sono stati episodi in cui hai percepito la disuguaglianza tra uomo e donna nel lavoro?

Assolutamente sì. Però ho imparato che non bisogna fermarsi davanti a questo: non necessariamente disuguaglianza significa discriminazione, può significare anche semplicemente diversità. A volte sono proprio i limiti e i pregiudizi che ci poniamo che ci auto-sabotano.

Ho viaggiato tanto nel mondo islamico, sia per piacere che per lavoro. Lì ho imparato ad avere a fianco un uomo per fare business, non perché io abbia bisogno di aiuto per svolgere il mio lavoro, ma per una questione di empatia: Tu cliente islamico, con chi ti fa più piacere parlare? Tutto si riconduce all’accettare la cultura delle persone con cui ti ritrovi a trattare, siano essi anche connazionali. Non siamo tutti cresciuti nello stesso contesto, non la pensiamo tutti allo stesso modo. La chiave è cercare di entrare in empatia, e mai vivere questa diversità di pensiero come disuguaglianza. Non siamo al lavoro per fare lotte di potere ed imporre la nostra cultura, ma per fare business, e i nostri risultati parlano più delle nostre rivoluzioni di pensiero. Il risultato è la rivoluzione stessa.

Rispetto alla tua passione per la Ducati e il motociclismo, ti ha insegnato qualcosa da applicare nel lavoro o nella vita?

Mi ha insegnato tantissimo, perché ho compreso che sia condurre un’attività che guidare una Ducati è tutto un gioco d’equilibrio: quando ti fermi, cadi. Le capacità acquisite in pista mi hanno dato forza, e quella forza sono riuscita a riportarla anche nel mio lavoro. Prendere una decisione aziendale è spaventoso quanto prendere una curva a 200 km/h con un l’asfalto a 2 cm dal tuo volto, per la prima volta. Come riesci a gestire tutta la situazione e le scelte che farai non influisce solo sulla tua vita, ma anche su quella dei tuoi dipendenti, dei tuoi clienti e delle loro famiglie.

L’insegnamento fondamentale che però la moto mi ha dato è prendersi i rischi in sicurezza. Purtroppo non si può fuggire dal rischio, perché nel business non si può prescindere dal rischio d’impresa, infatti si chiama “impresa” proprio perché non è facile. Per questo dobbiamo sempre avere a disposizione un elemento di sicurezza, che non ci faccia trovare impreparati di fronte alle difficoltà, siano esse attese o cigni neri. Le situazioni vanno affrontate con tecnica e preparazione, ma non si hanno innate, per ottenerle ci si deve arrivare.

Come fai a conciliare lavoro e passioni?

Ho sviluppato questa capacità nel corso degli anni. Organizzo la mia settimana e uso tantissimo l’agenda: decido gli spazi che voglio riservare a me stessa e quelli al business. All’inizio non lo vivevo e mi sembrava di privarmi di tempo e risorse, ma in realtà ho compreso che questo fa bene a me, e il mio benessere fa bene anche alla mia organizzazione.

Quale credi sia il modo migliore di reagire davanti a momenti di difficoltà?

Prima di tutto è importante non negare le proprie emozioni. È giusto che troviamo il modo di dare loro sfogo. Oltre varie attività di distrazione, io uso molto anche la meditazione. Chiudo gli occhi e visualizzo l’obiettivo che voglio raggiungere a lungo termine, aspettando che pensieri e idee arrivino. Non pretendo di trovare subito una soluzione, inizialmente mi accontento anche di una semplice intuizione che mi permette di rifocalizzarmi sul mio cammino.

Che consiglio daresti ai giovani d’oggi che si approcciano per la prima volta al mondo del lavoro?

Voglio dare una risposta provocatoria: consiglierei loro di mettere da parte l’idea di trovare un lavoro completamente sicuro. Il mondo sta cambiando e non sappiamo come sarà nel giro di un anno. Siamo in un momento di crisi, ma crisi vuol dire anche cambiamento.
Soprattutto se si è agli inizi della propria carriera, non si deve rinunciare al proprio sogno. A prescindere dalla retribuzione, l’importante è iniziare a fare qualcosa che amiamo, o che faccia parte del percorso per arrivare dove vogliamo. Se l’obiettivo che s vuole raggiungere è solo economico rischiamo di metterci in un circolo di infelicità e insuccessi. Abbiate il coraggio di mettere in atto la realizzazione dei vostri sogni.

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