Momotec, un progetto sulla smart mobility da parte della startup Spindox

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SMART MOBILITY STARTUP - Durante gli ultimi anni e a seguito della pandemia, vediamo come sta aumentando il numero dei mezzi pubblici intelligenti, all’interno dei servizi pubblici così come per i privati. La giovane startup Spindox ha lanciato il progetto Momotec, realizzato per migliorare la sicurezza del guidatore, dei passeggeri e dei pedoni.

Modern Mobility Tecnological Ecosystem

Il progetto Momotec è basato sull’importantissimo concetto della green economy, tema a cuore dei Millennials e centrale nel Recovery Plan 2030 attuato dall’Unione Europea. Esso prevede la realizzazione di tre obiettivi

  1. una piattaforma (software) dotata di moduli che, rapidamente, si adattano all’utilizzo specifico del mezzo. Da app per la ricerca live di servizi per il guidatore a bot d’aiuto.
  1. Componenti di supporto alla piattaforma, per favorire l’Inclusive Mobility tramite AI e bot d’interazione vocale e gestuale, soprattutto per facilitare le persone ipovedenti.
  1. Strumenti di simulazione che miglioreranno i servizi e le infrastrutture, in modo da stimare le performance dei servizi offerti.

Una startup per l’AI e l’operations research

Viviamo un periodo dove il metaverso sta prendendo piede, in tantissimi campi della nostra società. Spindox è una giovane azienda che investe nei settori dell’AI e dell’operations research, quindi nelle tecniche di machine learning e modelli statistici, promuovono la diversità fra i generi ed il rispetto individuale della persona, investono negli studi a favore della comunità e dell’ambiente, senza fini di lucro.

Per maggiori informazioni basta leggere l’articolo completo, disponibile qui -> Momotec: il progetto sulla smart mobility di Spindox.

Dresso, la prima fashion startup fiorentina che rispetta l’economia circolare. Intervista al CEO Enrico Pietrelli

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GREEN ENRICO PIETRELLI SOCIAL - Dresso è la prima startup Made in Tuscany del fashion world totalmente eco-friendly. Nata come social network circa due anni fa, oggi è conosciuta per i suoi capi second hand certificati, nel pieno rispetto del sistema blockchain e della sostenibilità. Abbiamo piacevolmente conversato con Enrico Pietrelli, co-founder e CEO di Dresso, che insieme ad Albano Scavo hanno dato vita ad una delle eccellenze del territorio fiorentino.

Italian Lifestyle: di cosa si tratta?

Italian Lifestyle è un programma nato con l’intento di promuovere alcune eccellenze del territorio fiorentino, all’interno di un periodo dove il progresso tecnologico e le idee non mancano. Mentre in Italia si promuovono metaversi e settori strategici per il nostro mercato, nel 2021 prende piede il progetto grazie a diverse collaborazioni, come quella con l’Università di Firenze, Intesa Sanpaolo Innovation Center, Fondazione Cr Firenze, il patrocinio di Confindustria fiorentina e il coworking con Nana Bianca. Italian Lifestyle punta allo sviluppo dei settori fashion, food&wine e del turismo, sempre all’interno del territorio fiorentino, con l’importante supporto di alcuni mentor Market e mentor Product ed un grant base di € 20K. Il programma ha dato vita non solo a Dresso ma anche a Dotzero, Blaster Foundry, Calton, Rifò e Italia Rimborso.

Il coraggio dei grandi imprenditori: intervista ad Enrico Pietrelli

Abbiamo avuto il piacere di conoscere Enrico Pietrelli, co-founder e CEO di Dresso, il quale ha risposto a qualche nostra domanda su Dresso, il futuro del fashion world, la sostenibilità e molti altri argomenti:

Green e digital sono due sfide impegnative all’interno di un settore così grande: potrà mai, il fashion world, optare per un cambiamento?

L’industria della moda è una delle più grandi e influenti. È la sesta per creazione di posti di lavoro ma anche la quinta per creazione di schiavitù moderna e la seconda più inquinante al mondo: in questo senso la sostenibilità è un’esigenza e l’innovazione digitale una grande opportunità. I paradigmi di consumo e i modelli di business stanno cambiando, l’innovazione sostenibile del settore non è un trend stagionale ma un processo dettato da una nuova consapevolezza che sostiene alcuni temi principali: tracciabilità, trasparenza, circolarità, ri-uso e ottimizzazione. Le aspettative delle nuove generazioni verso la sostenibilità sono alte e la molteplicità dei canali digitali permette alle aziende di creare con loro un nuovo dialogo accessibile e di facile comprensione. La sfida del cambiamento in questi termini può davvero portare alla realizzazione del futuro. Le aspettative delle nuove generazioni verso la sostenibilità sono alte e la molteplicità dei canali digitali permette alle aziende di creare con loro un nuovo dialogo accessibile e di facile comprensione. La sfida del cambiamento in questi termini può davvero portare alla realizzazione del futuro.

“La sostenibilità è un’utopia” dichiarò Armani: cosa potrà mai accadere ai due settori del fashion e della sustainability tra alcuni anni?

Fino a qualche anno fa la sostenibilità era un plus per le aziende. In questo momento storico e per gli anni che seguiranno, grazie a una nuova generazione sensibile e consapevole, la sostenibilità è una conditio sine qua non. La vera innovazione consiste nel creare un dialogo che abbia un impatto sociale e ambientale oltre che economico. Le tecnologie riducono la complessità di molti passaggi, come la tracciabilità dei prodotti, la trasparenza della supply chain e degli acquisti. Un altro fattore chiave è il passaggio da un’economia lineare - per cui il ricavo delle aziende deriva esclusivamente dalla vendita di capi appena prodotti - a una circolare, che prevede riciclo, ri-uso e scambio. La frase “make sustainability sexy” fa sorridere ma è proprio la strada che il sistema moda sta percorrendo: se prima la sostenibilità era un argomento di nicchia, oggi e per i prossimi anni è una necessità che, sotto l’ala di un’industria come quella della moda, è diventata attraente.    

Grandi stilisti hanno scelto di passare ad un fashion green rispetto ad altri. Si riuscirà mai a compiere questo importante passo?

I grandi gruppi del fashion luxury hanno una struttura radicata negli anni e quindi più complessa da ri-organizzare rispetto alle aziende più giovani, ma c’è da parte di tutti una grande spinta e consapevolezza verso la sostenibilità. Gli obiettivi sono chiari e tangibili e l’approccio collaborativo dimostra come tutti abbiamo a pari merito enormi responsabilità. Quindi, se dovessi fare una previsione da qui a cinque anni direi che l’impulso al cambiamento non avverrà dall’alto ma dal basso, non dalle corporate ma dai consumatori. Non sarà una tendenza ma una necessità.

Come vede l’evoluzione di digitalizzazione e tecnologia?

Gli sviluppi tecnologici e la digitalizzazione si riflettono trasversalmente su aspetti sociali, culturali e anche creativi, semplificando e migliorando. Fare innovazione digitale non vuol dire soltanto utilizzare nuove tecnologie, ma anche sfruttarle al meglio per ottimizzare modelli di business e renderle accessibili. La sfida è trovare soluzioni che siano al tempo stesso ECOlogicamente ed ECOnomicamente sostenibili. Chi troverà le formule migliori avrà enormi possibilità nel mercato.

Il mondo del fashion può, secondo lei, incorporare sistemi totalmente nuovi, come quello blockchain, quello dell’IA e quello della cybersecurity?

La possibilità di creare nuovi spazi digitali in cui persone e brand possono interagire permette di diminuire le distanze e di creare dialoghi inclusivi. La digitalizzazione è un’opportunità che consente alle aziende di veicolare valori nuovi e vicini alle persone. La blockchain permette di tracciare ogni transazione, i tag NFC creano un’identità digitale ai prodotti che ne garantisce autenticità e trasparenza. La tracciabilità permette di rendere profittevole l’economia circolare per l’industria del fashion e la trasparenza di portare le esigenze delle persone al centro del business.

Il rapporto con i consumatori non finisce con la vendita, la tecnologia permette di estendere le interazioni tra clienti e aziende anche durante il periodo di utilizzo del prodotto stesso, aumentando i touchpoint tra domanda e offerta e attivando strategie di retention, upselling e cross selling.

Come ha fatto una startup come Dresso a prendere l’impegnativa ma coraggiosa via della sostenibilità?

Da qualche anno sentivamo l’esigenza di cambiare lo status quo. La moda per come la conosciamo non è più sostenibile, solo per darvi un’idea dell’inquinamento legato a questo settore, negli ultimi 8 anni la produzione di capi d’abbigliamento è aumentata del 100%. Il dato è impressionante se lo vediamo in progressione numerica. Se il sistema non cambia i propri parametri nel 2050 il nostro pianeta dovrà sostenere una produzione di fibre tessili 320 volte superiore a quella del 2013. Senza fare allarmismi, l’impatto della moda nel nostro ecosistema è già al collasso. 

Le soluzioni possibili che avevamo individuato erano due: produrre con materiale riciclato o produrre meno e allungare il ciclo di vita dei capi. La seconda secondo noi è l’unica possibile ma avevamo un grande problema da risolvere, e cioè il fatto che l’economia circolare non è profittevole per il mondo della moda. Le uniche revenue avvengono al momento della vendita di prodotti nuovi e se il ciclo di vita del prodotto si allunga diminuisce il volume di affari legato alle vendite. La nostra soluzione avrebbe dovuto essere anche economicamente sostenibile per la filiera garantendo revenue ai brand per tutto il ciclo di vita del prodotto.  

Enrico Pietrelli, cosa è dunque Dresso?

Nel corso degli anni ho approfondito la conoscenza della tracciabilità dei prodotti, della blockchain e delle tecnologie legate agli NFC e Dresso è la risposta al problema di come rendere l’economia circolare profittevole per il fashion system.

Dresso è il social in cui le persone possono condividere i propri outfit, taggare i prodotti che indossano e creare il proprio guardaroba. Tutti possono ispirare e farsi ispirare dalla community per riutilizzare i capi del proprio guardaroba in modo nuovo, vedere cosa indossano gli altri, vendere ciò che non usano per dargli nuova vita e anche fare offerte per comprare al prezzo che sono disposti a pagare. 

Il modello di tracciabilità che abbiamo brevettato ci permette di associare i prodotti a certificati digitali univoci, cioè tag NFC, in modo da tracciarne i passaggi di proprietà per tutto il ciclo di vita e scriverli in blockchain. In questo modo riusciamo a garantire agli acquirenti l’originalità dei prodotti anche pre-owned e ai brand una commissione in ogni momento in cui il prodotto viene ri-venduto durante il suo ciclo di vita. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le persone riguardo l'impatto che i loro guardaroba e scelte di consumo hanno sul nostro pianeta, promuovendo il riutilizzo dei capi e gli acquisti second hand. Vorremmo, inoltre, che anche le aziende siano incentivate ad allungare il ciclo di vita del prodotto diminuendo così il cost per wear dei capi.

Dalla nascita di Dresso, avete ricevuto dei feedback dal pubblico?

Ci siamo rivolti a un pubblico di possibili utenti ancor prima dell’inizio della fase di sviluppo, facendogli testare un prototipo interattivo e raccogliendo feedback. In questo modo abbiamo potuto capire cosa le persone si aspettavano, cosa avrebbero voluto trovare e cosa invece non era in linea con le loro aspettative. Una volta iniziata la fase di sviluppo, abbiamo tenuto in conto i feedback ricevuti che ci hanno permesso di superare in anticipo possibili ostacoli. 

Come vede il futuro di Dresso?

Una volta condivisa la nostra visione della moda con la community italiana, abbiamo intenzione di espanderci all’estero. I primi mercati che vorremmo esplorare sono quello francese e quello tedesco. Entro il 2024 abbiamo intenzione di aprire i mercati dell’Europa del nord e entro il 2025 i mercati anglofoni. 

Abbiamo intenzione di allargare il nostro database di prodotti attivando collaborazioni con tutti i più importanti fashion brand del panorama europeo. Entro la fine del 2026 avremo ottenuto circa un milione di download dell’app con una community attiva di oltre 200.000 utenti. 

Per avere maggiori informazioni basta cliccare sul link seguente, Dresso, il social network per acquisti second hand garantiti.

Hamid-Reza Khoyi consiglia alcuni punti per un business sostenibile

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TREND BUSINESS SOSTENIBILE - La sostenibilità è uno degli obiettivi prefissati sia dall’Unione Europea, grazie all’Agenda 2030, sia da molti cittadini ed aziende. In questi anni, in cui va migliorando il mercato delle auto elettriche e vengono sempre più consigliati ecoincentivi per aziende e cittadini, Hamid-Reza Khoyi consiglia 5 punti per un business sostenibile.

Alcuni trend consigliati

Alcuni dei trend consigliati riguardano l’organizzazione ed analisi dei costi interni di un’azienda. Una buona raccolta dati è la base per un business sostenibile, in modo da saper riconoscere, analizzare (ed affrontare) costi iniziali alti, per poi giovare dei benefici futuri. Un altro dei trend, di cui parla Hamid-Reza Khoyi è la sostenibilità che sta al centro del mercato finanziario: tantissime sono ormai le aziende che basano il proprio business sul green. L’Unione Europea, per prima, spinge le aziende ad avere un impatto green. La maggior parte dei player odierni sono mind-oriented verso la sostenibilità.

La trasparenza

Una ricerca dell’Onu afferma che il 70% delle persone, rispetto al periodo pre-covid, è più consapevole dell’impatto ambientale, in generale. Il 40% vorrebbe cambiare le proprie abitudini pur di vivere in modo sostenibile. Lo smart working e le realtà immersive, come quelle offerte da molti dei metaversi disponibili oggi, hanno impatti ambientali pari a zero. Bisogna ammettere che i metodi utilizzati da consumatori, da aziende, azionisti e stakeholder cambiano col cambiare delle categorie appena citate. Quello che bisogna mantenere alto è il livello di trasparenza: la trasparenza si ottiene anche da un cambiamento culturale e sociale.


Per approfondire la lettura e conoscere tutti i punti elencati da Hamid-Reza Khoyi, basta leggere l’articolo completo, disponibile qui -> 5 trend per un business sostenibile – Hamid-Reza Khoyi.

I colori dell’economy, dal green al blu. Hamid Reza-Khoyi ci spiega qualcosa in più

Tempo di lettura: < 1 minuto[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il significato di Green Economy è collegato al raggiungimento di obiettivi riguardanti il benessere sociale, riducendo i rischi ambientali, un vero e proprio rispetto ecologico. La Blu Economy è un continuum della Green, riservata agli oceani e ai mari. Mission di entrambe è e sarà sempre la salvaguardia del pianeta. [/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

L’impegno è singolare

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Non tutte le aziende rispettano ancora i principi della green economy e c’è chi lo ritiene impossibile da attuare. Il cambiamento avviene dalla politica, dagli stati, dai cittadini. Le agevolazioni statali possono temporaneamente salvaguardare l’ambiente. Il problema rimane sempre la mentalità: quella è da cambiare.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Come e cosa cambiare

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Gli strumenti da applicare per una economia green (e anche blu, ovviamente), ad oggi, sono veramente tanti. Applicare ed estendere l’indifferenziata in tutti i comuni, l’utilizzo di alcuni materiali specifici all’interno delle fabbriche, l’implementazione di spazi virtuali. Hamid-Reza Khoyi ci ricorda che il bene del nostro pianeta è anche il bene delle generazioni future: “fallo perchè è giusto non perchè devi”.

L’articolo completo → La green economy introdotta da Hamid-Reza Khoyi.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][/vc_column][/vc_row]